Il camaleonte Romain Gary: uno, nessuno e centomila

Grande fu lo stupore in Francia quando si scoprì che l’autore nascosto dietro allo pseudonimo di Émile Ajar, promessa emergente della narrativa francese e acclamato vincitore del premio Goncourt nel 1975 con il meraviglioso romanzo La vita davanti a sé altri non era che Romain Gary, illustre e maturo scrittore ormai in declino, nonché diplomatico ed eroe della Resistenza, già premiato al Goncourt nel 1965 per il romanzo Le radici del cielo.  
Gary, con ironia e versatilità da camaleonte, era riuscito a farsi beffe del regolamento del più prestigioso premio letterario francese, secondo cui non è possibile attribuire più di una volta il primo premio allo stesso scrittore. Come se non bastasse, per non destare sospetti egli continuò per alcuni anni a pubblicare romanzi ora con l’uno, ora con l’altro nome, alternando, per così dire, la maschera di Gary la mattina e quella di Ajar il pomeriggio. La verità fu scoperta solo dopo il suicidio di Romain Gary, il quale in verità, si chiamava Romain Kacev: a questo punto non desterà particolare sorpresa scoprire che non furono soltanto due i nom de plume che il nostro Kacev/Gary/Ajar adottò nel corso della vita: è ormai accertato, ad esempio, che egli scrisse alcune opere firmandosi come ‘Fosco Sinibaldi’ e ‘Shatan Bogat’.

In un gioco infinito di specchi e di vie di fuga, Romain Gary cercò per tutta la vita di sfuggire alle etichette e ai giudizi preconfezionati che un’immagine pubblica finisce sempre per attirare su di sé. Ma soprattutto, per tutta la vita, l’uomo Kacev cercò di proteggersi con inesauribile slancio dalle ingiustizie della vita, dalla menzogna, dal buonismo e dai pericoli che derivano dalle false verità e dalle idelogie tutte, di qualsiasi colore esse siano.
Nella sua autobiografia romanzata
La promessa dell’alba, Gary racconta quanto fosse seducente per lui, fin da ragazzo, immaginare possibili nomi d’arte per quel grande scrittore che la madre gli aveva predetto sarebbe diventato:

Uno alla volta sgranavo i rosari di grossi nomi altisonanti, destinati a esprimere tutto quello che sentivo e che volevo darle. 
‘Roland de Chantecler’, Romain de Mysore’

‘Sarà forse meglio prendere un nome senza prefisso, nel caso ci fosse un’altra rivoluzione’, diceva la mamma
.

La madre, Nina Owczinski, era una russa di origini ebraiche sfuggita alla rivoluzione d’ottobre, donna volitiva e bizzarra perdutamente innamorata della Francia. Nina adorava il suo unico figlio, che crebbe da sola tra mille difficoltà dopo che il padre di Romain, Arieh-Leib Kacew, abbandonò la famiglia nel 1925 per risposarsi. Questo abbandono deve aver segnato in modo traumatico e indelebile il ragazzo, tant’è che la figura del padre viene presentata sempre in modo sfuggente, e in più varianti, nelle dichiarazioni dello scrittore. In questo romanzo, ad esempio, Gary si presenta come figlio illegittimo di Ivan Mosjoukine, una celebre star del cinema muto del calibro di Rodolfo Valentino.

Nina e il piccolo Romain trovarono il modo di tirare avanti con mille espedienti vivendo a Vilnius, in Lituania, per poi trasferirsi a Varsavia e finalmente a Nizza, nell’agognata Francia.

promessaLa promessa dell’alba è il commovente racconto dell’immensa e contagiosa fiducia di una madre nelle potenzialità del proprio figlio. Personaggio indimenticabile, Nina prefigura fin da subito per Romain un futuro radioso da artista, scrittore, diplomatico di Francia; crede con così grande, instancabile tenacia a questa sua folle visione, nonostante la realtà non faccia che smentire sistematicamente ogni sua previsione, che alla fine il piccolo Romain diventerà in effetti proprio quel grand’uomo che era stato da lei immaginato.

La narrazione è caratterizzata da un’esilarante autoironia, per cui i successi ottenuti nella vita da Romain Gary appaiono come il risultato di una donchisciottesca successione di eventi. Non dimentichiamo che Gary combatté sul serio nella Resistenza francese a fianco di De Gaulle, fu insignito della Legion d’honneur – la somma onorificenza riservata agli eroi di guerra – e, più tardi, intraprese un’importante carriera diplomatica come ambasciatore francese a Los Angeles. Eppure, nonostante questi alti meriti, egli pare quasi schernirsi e stempera nell’umorismo ogni indebito sentimento di presunzione, come se la gloria e il successo fossero concetti da non prendere mai troppo sul serio.

Attaccato dalla realtà su tutti i fronti, respinto da tutte le parti, scontrandomi ovunque con i miei limiti, presi l’abitudine di rifugiarmi in un mio mondo immaginario e viverci, attraverso i personaggi che inventavo, una vita piena di significato, di giustizia, di compassione. Istintivamente, senza un’apparente influenza letteraria, scoprii l’umorismo, questo modo abile e assolutamente piacevole di disarmare la realtà nel momento stesso in cui sta per cadervi addosso. L’umorismo è stato per me, durante tutta la vita, un fraterno compagno: devo a lui i miei unici veri istanti di vittoria sulle avversità. Nessuno è riuscito a togliermi quest’arma, e io la rivolgo tanto più volentieri contro me stesso, in quanto colpendo me, colpisco tutti. L’umorismo è un’affermazione di dignità, un’affermazione della superiorità dell’uomo su ciò che gli può capitare.

Romain Gary, ormai lo abbiamo capito, non amava prendersi troppo sul serio, eppure il suo alto spessore morale è stato sottolineato da Tzvetan Todorov in un bellissimo capitolo a lui dedicato, pubblicato nel saggio Memoria del male, tentazione del bene, del quale consigliamo la lettura.

Todorov indica in Romain Gary (insieme a Primo Levi, Vasilij Grossman e pochi altri) uno dei massimi rappresentanti di ciò che egli definisce “umanesimo critico”, ovvero riconosce in lui quella capacità coraggiosa e cristallina di guardare il presente senza lasciarsi coondizionare dal passato, spingendosi oltre il politically correct, oltre il filtro deformante dell’ideologia, oltre l’abitudine sterile alla commemorazione che, purtroppo, spesso riveste di vuota forma un’assenza di valori e contenuti. Gary scrisse:

Ho orrore del genere ex combattente perpetuo. La vita è fatta per ricominciare. Non mi riunisco, non commemoro, non riaccendo. Ho orrore delle reliquie. Penso che le reliquie, che siano quelle di Marx, di Lenin, di Freud, di Charles De Gaulle o di Mao, siano sempre nefaste.

Ricordare, che è altra cosa dal commemorare, significa restare degni del proprio ideale. Il ricordo deve proiettarsi nel futuro.

 La diffidenza per tutto ciò che è ‘politicamente corretto’ spinse Gary ad assumere posizioni scomode e contro corrente. canebianco Il suo romanzo più interessante, dal punto di vista politico, è Cane bianco , il secondo romanzo autobiografico di Gary dopo La promessa dell’alba. Siamo nel 1968, alla vigilia dell’assassinio di Martin Luther King. Le tensioni razziali negli Stati Uniti sono alle stelle. L’aneddoto che funge da emblema e da trama è il seguente: Gary, all’epoca sposato con l’attrice Jean Seberg, attivista convinta per la causa dei neri contro le discriminazioni razziali, accoglie in casa un cane perduto ma ben presto si accorge con raccapriccio che l’animale è stato addestrato dalla polizia per attaccare i neri. Spiazzato, decide di affidarlo ad un canile, dove un guardiano nero si offre di rieducarlo. Alla fine del libro, la rieducazione del cane si rivelerà essere una vendetta: il cane, alla fine del trattamento, non ha affatto perso la sua carica di aggressività ma adesso attacca esclusivamente i bianchi.

Il libro racconta e analizza, con grande lucidità, il tema del razzismo in tutte le sue forme e sfumature, invitando a riflettere su quanto sia difficile superare l’odio ed evitare che si generi una spirale di violenza che inevitabilmente finisce per coinvolgere tutti, oppressori e vittime:  la brutalità iniziale scatena sempre una brutalità conseguente, quest’ultima per niente più lodevole della prima, anche se mossa da motivazioni comprensibili perché frutto di una violenza a torto subìta.

Anche nell’affrontare un argomento così serio, Gary non può fare a meno di usare l’arma dell’ironia: Cane bianco ci offre scenette esilaranti che prendono di mira gli attivisti dei salotti liberal americani e i movimenti del Sessantotto parigino, dove ricche celebrità di Hollywood e intellettuali che poco o nulla sanno delle reali condizioni degli afroamericani fanno a gara di generosità in nome di una giusta causa: la protezione dei neri. Al di là della retorica, si scopre che spesso le motivazioni reali sono ben altre e al centro di tutto c’è l’interesse personale. Ciò che indigna Gary è come sia facile nascondere l’indifferenza verso il prossimo con l’entusiasmo rivolto ad esseri lontani, vuoi per area geografica, vuoi per condizione sociale o culturale.

Questa frase è una sintesi del pensiero di Romain Gary sull’argomento:

Oggi esiste una nuova casistica che vi dispensa, a causa del Biafra, a causa del Vietnam, a causa della miseria del Terzo Mondo, a causa di tutto, di aiutare un cieco ad attraversare la strada.

La situazione, purtroppo, non è molto differente in Africa. Nel momento in cui riesce finalmente a liberarsi dal dominio coloniale, dall’oppressione esercitata dall’Europa o dagli americani, Waitari, il capo rivoluzionario africano in Le radici del cielo, finisce per somigliare paradossalmente agli schiavisti europei:

Questo nero non era differente da tutti gli altri tribuni rivoluzionari che scrivevano le parole ‘libertà’, ‘giustizia’, ‘progresso’ sulle loro bandiere nel momento stesso in cui gettavano milioni di uomini nei campi di lavoro forzato per farli ammazzare di lavoro.

Per fortuna, però esiste una vita d’uscita. Le due virtù umane più alte, per Romain Gary, sono la giustizia e l’amore. L’amore per la vita abita i personaggi dei romanzi di Gary e, anche quando la loro condizione è disperata, essi ci rendono partecipi di questa gioia di esistere.

vitaA questo proposito non possiamo non spendere due parole sul suo romanzo più incantevole, il più conosciuto e senza dubbio il più amato dai lettori: La vita davanti a sé (disponibile in MLOL anche in audiolibro). Madame Rosa e’ una ex prostituta ebrea sopravvissuta ad Auschwitz la quale, per tirare a campare, accoglie nel proprio appartamento al sesto piano di uno stabile nel quartiere parigino di Belleville, alcuni bambini figli di meretrici e, dietro compenso, li accudisce e li cresce. Momò, in realtà Mohamed, è uno di questi piccoli derelitti, abbandonato al suo destino fin dall’età di tre anni, ed è proprio lui a narrarci la sua vita con Madame Rosa e con gli altri “marmocchi”. Essendo il maggiore in casa, è costretto ad assumersi delle responsabilità e ad aiutare nei lavori pratici l’anziana signora, alla quale si affeziona come se fosse la sua vera madre. Con un linguaggio semplice e diretto, Momò racconta la sua spesso difficile quotidianità e, con un’innocenza disarmante, descrive gli strambi personaggi che lo circondano.

educazioneInfine, il primo libro scritto da Romain Gary, Educazione europea, rappresenta, insieme a La vita davanti a sé, l’esempio più luminoso della fiducia di Gary nella capacità di riscatto del genere umano. Fu scritto durante gli anni più sanguinosi e bui della Seconda guerra mondiale, quando Romain Gary combatteva contro i nazisti come pilota per l’aviazione alleata. Eppure non è un romanzo di guerra, bensì un invito al dialogo, al confronto. Il personaggio centrale di questo romanzo è Janek, un ragazzo che, nella spietata durezza del combattimento clandestino della Resistenza polacca, conosce il freddo e la fame, il tradimento, l’orrore e la morte senza che l’odio afferri, anche per un solo istante, il suo cuore. Attraverso la giovane prostituta Zosia, Janek conosce infatti l’amore, attraverso Dobranski, lo studente, il culto della libertà e, attraverso la semplicità dei suoi compagni di lotta, la grandezza dell’uomo. Ma soprattutto, Gary ci mette in guardia dal pericolo di etichettare i nemici una volta per sempre, come se “tedesco” potesse diventare sinonimo di “nemico” per l’eternità. Questo bellissimo dialogo tra Janek e Dobranski spiega bene il senso del romanzo e di tutto il pensiero di Romain Gary:

D: Come può il popolo tedesco accettare tutto ciò? Perché non si ribella? Perché si sottomette e accetta questo ruolo di boia? Certo, coscienze tedesche ferite, oltraggiate in ciò che hanno di più semplicemente umano, si ribellano e si rifiutano di obbedire. Quando, però, vedremo i segni della loro ribellione? Ebbene, a quel tempo un soldato tedesco venne qui, in questa foresta. Aveva disertato. Veniva a unirsi a noi, a mettersi al nostro fianco, sinceramente, coraggiosamente. Non vi erano dubbi: era un puro. Non si trattava di un membro di Herrenvolk; si trattava di un uomo. Aveva sentito il richiamo di ciò che in lui vi era di più semplicemente umano, e aveva voluto togliersi di dosso l’etichetta di soldato tedesco. Ma noi avevamo occhi soltanto per questo, per l’etichetta. Tutti sapevamo che era un puro. La purezza la senti, quando ti capita di trovarla. Ti acceca, in mezzo a tutto questo buio. Quel ragazzo era uno dei nostri. Ma aveva l’etichetta.

J: E allora?

D: E allora noi lo abbiamo fucilato. Perché aveva addosso l’etichetta: tedesco. Perché noi ne avevamo un’altra: polacchi. E perché l’odio era nei nostri cuori… Qualcuno, a mo’ di spiegazione, o di scusa, non so, gli aveva detto: ‘è troppo tardi’. Ma sbagliava. Non era affatto troppo tardi. Era troppo presto… 

I romanzi di Romain Gary, pubblicati da Neri Pozza, sono disponibili per il download su MediaLibraryOnLine: qui l’elenco dei sistemi bibliotecari aderenti. Ricordate inoltre che per chi non disponesse del servizio di MLOL o volesse leggere più ebook al mese esiste il servizio freemium MLOL Plus.