Poiché Orlando aveva meritato le lodi della regina Elisabetta per il modo in cui, quand’era ragazzo, sapeva porgere una coppa di acqua di rosa, è facile supporre come la sua esperienza fosse sufficiente per non sfigurare dinanzi ai giudici mondani. È però anche vero che la sua distrazione la rendeva talvolta goffa; era capace di pensare alla poesia quando avrebbe dovuto pensare al taffetà; il suo passo era forse un po’ troppo energico per una donna, e i suoi gesti, spesso improvvisi, potevano mettere in pericolo qualche tazza di tè.
Che cosa può aver pensato il mondo delle belle lettere quando, nel 1928, fu pubblicata una delle opere più originali e misteriose di Virginia Woolf, la biografia romanzata dell’immaginario personaggio Orlando?