Il jazz e la sua gente, da leggere e ascoltare

Scorrendo nel catalogo degli ebook MLOL le opere dedicate al jazz e alla sua storia, ci si rende conto che spesso si ama raccontare le vicende e lo sviluppo di questo genere musicale attraverso la vita vissuta – a volte pericolosamente – dei suoi protagonisti. Un’ottica che può rivelarsi piacevole per chi già conosca quei grandi nomi grazie alla loro musica, ma che può anche avvicinare chi ha trovato sino a ora ostiche le loro espressioni artistiche, attraverso la ricostruzione di vite, circostanze e condizioni storiche.

jazz-foto-di-gruppo-391x550Jazz foto di gruppo, di Arrigo Arrigoni, prende ad esempio le mosse da un oggetto della memoria tanto familiare e quotidiano quanto può esserlo una fotografia: quella, scattata ad Harlem nel 1958, da Art Kane.
I maggiori nomi della scena jazz del tempo sono lì ritratti in uno scatto considerato unico nel suo genere, e il libro ne narra le vicende addentrandosi nei meandri della povertà e della vita nei ghetti neri d’America. Continua a leggere

Blackstar, l’ultimo album di David Bowie su MLOL

Difficile immaginare per il 2016 del mondo della musica – e dell’arte in generale – un evento che possa essere anche solo lontanamente paragonabile alla notizia della scomparsa di David Bowie, che ha squarciato aria e cuori la mattina dell’11 gennaio.

Tale è stata l’influenza dell’uomo, in vita, che la morte improvvisa ha generato una reazione spontanea ovunque: vi sarà stato impossibile scorrere un qualunque feed sui social network senza trovare un suo brano, un suo video, un suo testo. E questo, per una volta, in modo totalmente sensato e rappresentativo, giacché Bowie non è stato semplicemente un’icona pop e l’autore di canzoni indimenticabili per quasi cinque decenni, ma una specie di antenna (uno human internet l’hanno anche definito, a ragione) capace di intercettare e diffondere a milioni di persone diversissime ogni sorta di stimolo sonoro, visivo, estetico.

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Janis Joplin: forza e fragilità di una voce indimenticabile

Presentato fuori concorso alla Mostra d’Arte Internazionale del Cinema di Venezia del 2015 – e nelle sale da ottobre – il documentario Janis: little girl blue, della regista americana Amy J. Berg, offre un ritratto inedito e intimo di Janis Joplin, rivelando tutta la complessa fragilità di una delle icone della storia del rock.

Realizzato grazie allo studio di materiale inedito e della corrispondenza personale, alle interviste ai suoi familiari o ai colleghi musicisti, il film ci aiuta a comprendere meglio la ragazza che si nascondeva dietro al personaggio pubblico, svelandoci l’impatto negativo che gli ambienti e le persone con cui era cresciuta ebbero su di lei e sulla sua personalità. Se sul palco e dinanzi alla macchina fotografica Janis dava l’idea di essere forte e spensierata, grazie al documentario scopriamo le sue insicurezze, i traumi subiti, i tormenti, l’estrema vulnerabilità di una ragazza che entrava e usciva dalla dipendenza,  ma che seppe trasformare in arte il suo dolore e le sue emozioni.  Continua a leggere

Un romanzo-colonna sonora: “Nemmeno un giorno” di Antonio Ferrara e Guido Sgardoli

nemmenoungiornoLeon prende l’auto e parte, con il cuore in gola perché si sta facendo buio e un vigile potrebbe fermarlo.

Il serbatoio è pieno, il navigatore è inserito e lo stereo diffonde una musica da vecchi, quel rock antico che suo padre si ostina ad ascoltare. Non sarebbe nemmeno il vero padre, Sergio: la sua famiglia, o quello che ne resta, si trova in Romania.

D’altra parte Leon non sarebbe nemmeno un vero autista, non ha la patente e quel poco che sa di guida lo ha appreso da Sergio nel vialetto di casa, in pieno giorno.

Ora però è buio, Leon è solo, ha tredici anni e ha deciso di intraprendere un lungo viaggio con l’auto di Sergio presa di nascosto.   Continua a leggere

Our band could be your life. La storia dell’underground americano degli anni 80 – prima parte

Il 24 settembre del 1991 venne pubblicato un disco intitolato Nevermind, di una band chiamata Nirvana. Nel giro di poche settimane diventò disco d’oro, scalzando Michael Jackson dalla prima posizione nella classifica degli album di Billboard e spingendo la giornalista musicale Gina Arnold a proclamare “abbiamo vinto”. Ma chi era il “noi” del soggetto? E perché eravamo così diversi da “loro”?

“Noi” era una rete in espansione di fanzine, stazioni radiofoniche underground e dei college, trasmissioni locali via cavo, piccoli negozi, distributori ed etichette discografiche, newsletter, club e locali alternativi, agenzie di booking, band e appassionati. Un sistema di cooperazione sviluppatosi per più di un decennio prima che il mainstream prendesse nota.

ourband

Con queste parole si apre l’introduzione di Our Band Could Be Your Life, libro del 2001 del critico musicale Michael Azerrad arrivato in Italia solo nove anni dopo nella traduzione di Carlo Bordone con il titolo – assai meno evocativo – di American Indie: 1981-1991, dieci anni di rock underground, (ed. Arcana). Continua a leggere