Salute, lavoro e libertà: le lotte di Kuliscioff e Sanger

Come mai – mi dissi – isolare la questione della donna da tanti altri problemi sociali, che hanno tutti origine dall’ingiustizia, che hanno tutti per base il privilegio d’un sesso o d’una classe?

Il monopolio dell’uomo, Anna Kuliscioff

Nunes Vais, Mario (1856-1932) - Anna Kuliscioff a Firenze (1908)

Sono le parole di Anna Kuliscioff, impegnata lungo tutta la sua vita per la parità fra i sessi e sostenitrice dei diritti delle donne lavoratrici.
Nata (1853-7?) in una famiglia di mercanti ebrei russi, ragazza intellettualmente vivace, per aggirare il divieto per le donne di accedere agli studi universitari, nel 1871, col sostegno dei suoi, si recò in Svizzera dove studiò filosofia e lì frequentò un gruppo di studenti russi politicamente attivi. Richiamata in patria nel 1873 – per volere dello Zar – continuò a studiare autonomamente e aderì al movimento populista. Processata per le sue idee, lasciò definitivamente la Russia nel 1877 per la Svizzera, dove incontrò l’anarchico italiano Andrea Costa, insieme al quale, negli anni successivi, aderì al socialismo.
In costante movimento fra Francia, Italia e Svizzera, riprese gli studi di medicina, collaborò con Camillo Golgi agli studi sull’origine batterica della febbre puerperale, e si laureò all’Università di Napoli. In seguito si trasferì a Milano e, specializzatasi in ginecologia, con i suoi studi contribuì a ridurre i decessi post partum e al tempo stesso esercitò gratuitamente la professione tra gli emarginati.
In quegli stessi anni incontrò Filippo Turati con il quale instaurò un rapporto personale e intellettuale che plasmò il Partito Socialista Italiano. Nel 1891 iniziarono a curare la rivista socialista Critica sociale, nella quale Kuliscioff rivolse la sua attenzione ai problemi delle lavoratrici, considerati parte integrante del problema più ampio dell’emancipazione proletaria. Protagonista di battaglie politiche e sociali, sostenne il diritto di voto per le donne, redasse una proposta di legge per introdurre il congedo di maternità retribuito, le limitazioni al lavoro notturno per le donne e il giorno di riposo garantito, oltre che la giornata di otto ore.

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La Biblioteca Digitale delle Donne

Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999. Le biblioteche la ricordano proponendo percorsi e proposte di lettura e approfondimento per favorire la conoscenza di un fenomeno diffusissimo che può declinarsi in modi molteplici (domestica ed economica, violenza sessuale, psicologica e persecutoria) ma che ha sempre come destinatarie le donne.
Fra le tante proposte presenti nella sezione Liste di MediaLibraryOnLine, abbiamo scelto simbolicamente la lista La violenza illustrata a cura della Biblioteca Italiana delle Donne, per l’importanza di questa istituzione nel documentare la condizione femminile nel tempo. Ma è anche l’occasione per far conoscere la Biblioteca Digitale delle Donne di Bologna, risorsa accessibile anche nella sezione open di MLOL.
Pensata e avviata nel 2005, grazie a un finanziamento ottenuto dal Ministero per i beni e le attività culturali, con lo scopo di conservare e rendere fruibile al pubblico il materiale di pregio della Biblioteca Italiana delle Donne (attiva a Bologna a partire dalla fine degli anni Settanta come parte del Centro di Documentazione, Ricerca e Iniziativa delle Donne grazie a un progetto elaborato dall’Associazione Orlando), la Biblioteca Digitale delle Donne ospita digitalizzazioni di opere a stampa relative alla memoria storica, culturale, politica e sociale delle donne e dei loro movimenti di emancipazione dall’Ottocento ad oggi.
In particolare sono ricercabili libri, riviste e manifesti connessi in larga misura con la storia delle donne italiane: una selezione dal corpus di manifesti relativi alle iniziative e agli incontri promossi a Bologna, dal 1981 al 2005, dall’Associazione Orlando e dal Centro di Documentazione, ricerca e iniziativa delle donne; 17 testate di riviste – tra cui Almanacco della donna italiana, La Donna, Cordelia, La donna fascista e importanti riviste dei femminismi recenti quali Effe, Sottosopra, Orsa Minore, Lapis, Reti, Memoria; 39 opere scelte dalla collezione storica della Biblioteca e dalla letteratura grigia prodotta dai movimenti femministi novecenteschi.
La ricerca può essere effettuata per titolo oppure per tipologia di oggetto ricercato o per argomento, mediante dei menù a tendina e ogni elemento della collezione, accompagnato dalle informazioni sulla licenza d’uso, può essere liberamente scaricato in formato PDF. Ognuno di essi contiene, inoltre, il link al catalogo del polo bibliotecario bolognese e, nel caso dei periodici, al catalogo nazionale ACNP insieme all’indicazione specifica dei fascicoli digitalizzati.
Arricchiscono la banca dati un elenco di cataloghi specializzati che comprende, tra gli altri, l’EIGE Resource&Documentation Centre – il catalogo dell’European Institute for Gender Equality di Vilnius, (Lituania) – e il catalogo della Arthur and Elizabeth Schlesinger Library specializzata in storia delle donne negli Stati Uniti e appartenente al Radcliffe Institute for Advanced Studies dell’Università di Harvard nonché un elenco, non esaustivo, di archivi, biblioteche, centri delle donne sia nazionali che internazionali cui fare riferimento per ulteriori ricerche.

Vi invitiamo a navigare questo importante portale e a leggere le risorse a tema suggerite: è solo attraverso la conoscenza e l’educazione che la violenza di genere può essere sconfitta.

Buona navigazione!

Henri Cartier-Bresson: il Novecento in uno scatto

Vi siete mai domandati che cosa accumuna la fotografia alle altre arti visive? Cosa può restituire della realtà? Quali funzioni sociali può trasmettere?

Molteplici e convergenti possono essere le risposte e la vita di Henri Cartier-Bresson, pioniere del fotogiornalismo e teorico dell’ “istante decisivo”, lo dimostra. Nato nel 1908 a Chanteloup, una cittadina non troppo distante da Parigi, da una famiglia dell’alta borghesia, il futuro fotografo subisce presto il fascino della pittura e viene introdotto negli ambienti surrealisti. Solo successivamente, a partire dagli anni Trenta del Novecento, si avvicina alla fotografia, grazie a uno scatto di Martin Munkácsi che gli fa capire come attraverso una macchinetta (come, del resto, anche attraverso un pennello) è possibile cogliere “l’istante della vita che vibra”. Ce lo racconta lui stesso in una intervista riproposta da Alessandra Mauro nel breve ritratto realizzato per Wikiradio nell’agosto del 2013: “La fotografia può fissare l’eternità di un attimo”. Da allora la Leica, la celebre macchinetta che ha contraddistinto l’opera di altri grandi della fotografia come Robert Capa – con cui Bresson, nel 1947, fonderà l’agenzia Magnum – non lo lascerà più e lo accompagnerà nei più svariati luoghi del mondo, dalla Cina al Messico, dal Canada agli Stati Uniti e all’Unione Sovietica. Tra il 1951 e il 1973 compie anche numerosi viaggi in Italia. Ma Bresson è noto anche per aver immortalato importanti personalità della cultura, della poiltica e della società, da Albert Camus a Truman Capote, da Coco Chanel a Marcel Duchamp passando, per Martin Luther King, Marilyn Monroe, Richard Nixon, Ezra Pound, Jean Paul Sartre, Igor Stravinski, Robert Kennedy, Henri Matisse e i presidenti Dwight. D. Eisenhower, Harry S. Truman e Charles de Gaulle.

Alcuni di questi ritratti sono stati resi disponibili per la consultazione in rete dal Cleveland Museum of Art che ha digitalizzato parte della sua collezione mettendola a disposizione del grande pubblico. Li potete trovare su MLOL tra le risorse OPEN.

E sempre su MLOL potete trovare anche alcune digitalizzazioni del Moma (Museum of modern art) di New York – già organizzatore di due mostre dedicate al fotografo – che ha caricato, completamente in full text, il catalogo dei suoi primi lavori oltre ad altri interessanti pubblicazioni a tema.

Insomma, una miniera d’oro per tutti gli appassionati e per il pubblico che si avvicina per la prima volta alla sua opera caratterizzata da immediatezza, realismo e una continua osservazione dell’essere umano che si relaziona con il mondo circostante. Essa trova una sintesi compiuta nel suo primo libro Images à la sauvette, uscito nel 1952, che contiene alcune delle fotografie più note e la descrizione del suo modo di fare fotografia, ma illuminanti sono anche le ultime interviste che ha rilasciato, una a Giorgio Manacorda nel 1998 per Rai Teche, e l’altra a Richard Avedon nel 2000. Anche queste sono disponibili tra le risorse OPEN liberamente consultabili o scaricabili. Non resta, dunque, che iniziare questo viaggio nella storia della fotografia per rivivere il Novecento attraverso gli occhi di chi lo ha vissuto e immortalato.

Buona esplorazione!

Le avventure di Nate the Great su MLOL

Marjorie Weinman Sharmat (1928 – 2019) è stata una prolifica scrittrice statunitense, autrice di 130 libri per bambini e ragazzi tradotti in diverse lingue, molti dei quali nominati libro dell’anno dalla Library of Congress e spesso selezionati dalla Literary Guild.
Nelle sue prime interviste raccontò che il suo sogno di bambina era quello di diventare scrittrice, detective o domatore di leoni. Non domò mai i leoni, ma già all’età di otto anni si mise d’impegno per realizzare suoi desideri: insieme ad un amico pubblicò The Snooper’s Gazette, un giornale di spionaggio, fatto di notizie raccolte ascoltando, di nascosto, le conversazioni degli adulti.
In seguito, Marjorie Weinman Sharmat fece della scrittura la sua professione e non ci sorprende, viste le premesse, che il più noto dei suoi personaggi sia proprio un detective, che, a partire dal 1972 – anno di pubblicazione del primo titolo – divenne il beniamino dei bambini fra i 4 e i 10 anni.

Ci riferiamo a Nate the Great, protagonista della serie omonima: un bambino detective, dallo sguardo concentrato, che indossa un trench giallo e un cappello in stile Sherlock Holmes, che adora i pancake e, con l’aiuto del suo cane Sludge, cattura sempre i colpevoli. Il dettaglio del cappello alla Sherlock Holmes fu un’idea dell’illustratore Marc Simont – vincitore della Caldecott Medal 1957 – che disegnò i primi 20 titoli della serie. Continua a leggere

150 di Montessori

Maria Montessori, voce appassionata della pedagogia scientifica e una delle fondatrici della psichiatria infantile italiana, è stata una donna controcorrente, visionaria, impegnata a perseguire con passione e tenacia la sua missione, famosa in tutto il mondo, grazie ai suoi studi e al suo pensiero rivoluzionario. A lei dobbiamo la concezione moderna del bambino: individuo unico, creativo, capace di concentrarsi ed imparare da solo e soprattutto meritevole di rispetto.

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Maria Montessori nacque il 31 agosto 1870 a Chiaravalle, in una famiglia piccolo borghese che si trasferì a Roma quando Maria aveva 5 anni. Dimostrò molto presto di avere grandi abilità matematiche e il suo desiderio sarebbe stato quello di diventare ingegnere, ma suo padre, tuttalpiù, se la immaginava come insegnante, carriera destinata, ai tempi, alle donne istruite di buona famiglia. Supportata dalla madre, Maria ottenne però di iscriversi in un istituto tecnico dove scoprì la sua passione per biologia. Da quel momento ebbe solo un’idea in mente: diventare medico.

Si laureò in medicina nel 1896, nonostante i tanti ostacoli nell’affrontare un percorso universitario sino ad allora destinato ai soli maschi, diventando così una delle prime donne medico in Italia. Nello stesso anno, partecipò al Congresso internazionale per i diritti delle donne a Berlino che segnò l’inizio del suo impegno per la parità. Continua a leggere