Il 1 maggio del 2000 la rivista Life, che per settant’anni aveva raccontato il mondo attraverso grandi reportage, resi immortali dalle splendide copertine e dagli scatti fotografici di maestri quali Larry Burrows, Robert Capa e Margaret Bourke-White (ora archiviati qui), cessò le sue pubblicazioni. Fu la prima eclatante chiusura di una famosa testata giornalistica a seguito della crisi della carta stampata, iniziata sul finire degli anni ’90.
Si parlò di costi troppo alti, di calo degli inserzionisti, della concorrenza della tv e di internet. In effetti negli anni successivi altri giornali furono costretti a chiudere o a salvataggi in extremis con clamorosi passaggi di proprietà – pensiamo all’acquisto del Washington Post da parte di Jeff Bezos nell’agosto del 2013 –, nel frattempo sul web nascevano siti di news come The Huffington Post (2005), che in pochi anni diventerà il sito di notizie più letto nel mondo, e BuzzFeed (2006) che, fondendo notizie e intrattenimento, diffonderà contenuti virali in rete sottraendo lettori alla stampa tradizionale.
Caso altrettanto eclatante fu quello di Newsweek, uno dei più celebri settimanali statunitensi, fondato nel 1933. Nel 2010 fu rilevato dalla Washington Post Company da Sidney Harman per la cifra simbolica di un dollaro e due anni più tardi, in seguito ad un calo pari alla metà dei suoi lettori e una perdita in quell’anno di 22 milioni di dollari, cessò la pubblicazione cartacea e puntò esclusivamente sull’edizione digitale. Diverse le cause della crisi. Di certo la scelta editoriale di alternare ai tradizionali reportage seri e autorevoli pezzi più leggeri e popolari aveva scontentato i suoi lettori più affezionati, abituati ad un giornalismo di più alto livello.
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