Un quartetto d’archi è un gruppo cameristico costituito da due violini, viola e violoncello. È considerato da molti la combinazione strumentale più elegante ed equilibrata di tutto il panorama musicale classico e vanta un repertorio che spazia da Haydn alla musica contemporanea.
Per suonare musica da camera non è sufficiente essere musicisti esperti: occorre saper instaurare un’intesa speciale con i propri compagni, intesa che, per svilupparsi, necessita tempo, pazienza, sensibilità, stima reciproca e un sincero desiderio di condivisione. Un quartetto non è riducibile alla semplice somma dei suoi componenti ma genera quasi magicamente una sonorità nuova che, all’ascolto, viene percepita come un solo strumento: la dialettica tra individualità e fusione, tra autonomia e accordo delle singole parti può addirittura essere letta – ed è affascinante pensarlo – come “paradigma di una società ideale” (sono parole del compositore Luciano Berio).
Uno degli esempi più mirabili di sodalizio artistico e umano della storia interpretativa del Novecento è rappresentato dal Quartetto Amadeus, fondato nel gennaio del 1948 e scioltosi nell’agosto del 1987, a un passo dai festeggiamenti per i 40 anni di attività, in seguito alla morte improvvisa di uno dei suoi componenti.
La storia di questo quartetto, costituito da Norbert Brainin (primo violino), Siegmund Nissel (secondo violino), Peter Schidlof (viola), Martin Lovett (violoncello), è affascinante e merita di essere raccontata.
Il modo il cui il gruppo si costituì incarna già di per sé un piccolo miracolo, perché le vicende umane dei componenti si intrecciano in modo sorprendente fino a sovrapporsi. Tre dei quattro componenti erano coetanei (nati tra il 1922 e il 1923); tutti e tre viennesi, tutti e tre ebrei, nel 1938 dovettero tutti e tre scappare nel Regno Unito in seguito all’Anschluss e all’occupazione nazista. Vennero internati come Enemy aliens nello stesso campo di prigionia sull’Isola di Man. Si ritrovarono poi a Londra, qualche anno più tardi, nella classe del violinista Max Rostal, uno dei più grandi insegnanti dell’epoca, il quale diede loro lezioni gratuitamente. Per tramite di Rostal incontrarono il quarto compagno di strada, il violoncellista Martin Lovett, inglese di nascita e solo di qualche anno più giovane (era nato nel 1927). Come si può immaginare, i legami personali tra i quattro furono di natura del tutto straordinaria, a causa delle intense esperienze di vita che si trovarono a condividere.
Il Quartetto Amadeus, inoltre, ebbe la particolarità di mantenere inalterata, per i quattro decenni dell’intensa carriera concertistica, la compagine dei suoi componenti – caso questo più unico che raro, perché quasi sempre, nei complessi cameristici, si verifica prima o poi un avvicendamento di almeno uno dei musicisti. Quando Schidlof morì, gli altri tre Amadeus si rifiutarono di prendere anche solo in considerazione l’ipotesi di sostituire l’amico scomparso con un altro violista: Brainin dichiarò laconico che “dal momento che non esiste un repertorio per due violini e un violoncello, non ci resta che abbandonare le sale da concerto e dedicarci all’insegnamento”. Questa frase, nella sua dolorosa semplicità, è la testimonianza di quanto il loro modo di fare musica fosse profondamente etico, lontano dal sistema odierno governato dal business e dalle pressioni delle case discografiche.
Così dissero e così fecero: negli anni a seguire i tre superstiti del gruppo insegnarono a giovani musicisti di tutta Europa. In Italia si ricorda il loro impegno alla prestigiosa Accademia europea del quartetto della Scuola di musica di Fiesole.
Le testimonianze e le interviste ci consentono di tracciare un bel ritratto degli Amadeus: dotati di fine senso dell’umorismo e sempre pronti alla battuta, diventavano estremamente seri quando si trattava di lavorare. Furono tra i primi a studiare il repertorio classico con rigore filologico, andando a recuperare nelle biblioteche le riproduzioni in microfilm dei manoscritti dei grandi compositori, Mozart, Beethoven e Schubert primi fra tutti. Le loro discussioni erano spesso accese, ma sempre, attraverso il dialogo, arrivavano a maturare una visione interpretativa coerente e condivisa.
Il violinista Salvatore Accardo, in un’intervista pubblicata su La Stampa il 25 agosto 2004, racconta di quando, da giovane, ebbe la fortuna di assistere da dietro le quinte a un concerto degli Amadeus. Al terzo movimento dell’op. 130 di Beethoven Schidlof sbagliò l’attacco, proprio nel punto in cui il suo strumento, la viola, deve condurre il discorso musicale. L’errore fu prontamente assorbito dai compagni e non ebbe gravi conseguenze. Alla fine del concerto il pubblico, entusiasta, chiamò i musicisti più e più volte alla ribalta. Il successo di pubblico, tuttavia, non chiuse la questione: prima ancora di rientrare nei camerini ci fu una rapida resa dei conti e Brainin diede un sonoro schiaffo a Schidlof il quale, dal canto suo, non reagì, consapevole delle ragioni di quel gesto. Gli Amadeus erano i primi giudici di se stessi, i più severi: sentivano la responsabilità etica dell’interpretazione musicale, poiché ritenevano che i compositori fossero come profeti.
Litigavano spesso durante le prove: di certo non se le mandavano a dire, se in ballo c’era una questione di stile, di gusto, di scelta interpretativa. Poi però seguivano abbracci, mangiate e bevute, battute sagaci. È questo che ha permesso loro di restare uniti così a lungo: le tensioni si sfogavano, non diventavano questioni personali, i caratteri individuali rimanevano in secondo piano rispetto al primato della musica. La stima reciproca era altissima. La vita quotidiana dei quattro musicisti, che per certi versi somigliava a quella di una famiglia allargata, fu raccontata dalla moglie di Siegmund, Muriel Nissel, in un libro intitolato Married to the Amadeus: my life with a string quartet.
Martin Lovett una volta disse scherzando che, se volessimo paragonare un quartetto d’archi a una bottiglia di rosso, il primo violino sarebbe l’etichetta, il violoncello la bottiglia, il secondo violino e la viola il buon vino. E il tema del vino ritornava spesso nei loro discorsi, forse perché amavano ricordare le colline di Grinzing, alle porte di Vienna, dove le viti rendono dolce il paesaggio. Il Quartetto Amadeus, e non è un caso, fu grande soprattutto nell’interpretare lo spirito viennese dei grandi compositori classici, quella persistenza ritmica del passo di danza, velato di una tenue malinconia, dal canto limpido e struggente.
Il Quartetto Amadeus ci ha lasciato in eredità una grande lezione di stile e di umanità. All’indomani della morte di Schidlof, il musicologo Massimo Mila scrisse su La Stampa un bellissimo articolo che in parte riportiamo:
Erano grandi nella gentilezza, nell’affetto, nella tenerezza e dell’espressione e del suono. Raggiungevano l’assoluto della perfezione proprio in virtù della loro convivenza stabile e duratura. Non basta che quattro bravi giovanotti (o anche quattro solisti colossali) si mettano insieme ogni tanto, si sottopongano magari anche a uno stage d’un paio di mesi di studio collettivo per affrontare una tournée e poi chi s’è visto s’è visto, ognuno torna a casa sua, se ne parlerà poi di nuovo l’anno venturo. Il complesso da camera provvisorio si riconosce irrimediabilmente. Non è questione di orecchio (quattro grandi virtuosi messi insieme possono soddisfare, anzi entusiasmare, l’orecchio più esigente). È questione di gusto. Direi quasi di fiuto.
La storia di questo quartetto è stata raccontata mirabilmente alla radio da Andrea Ottonello il 13 agosto 2017, in occasione della ricorrenza dei 30 anni dalla morte di Peter Schidlof, il violista del gruppo. La trasmissione, andata in onda su Radio3, si può riascoltare in podcast sul sito di WikiMusic.
Su MLOL è possibile ascoltare molte delle incisioni del Quartetto Amadeus, sia selezionando i file audio della Biblioteca musicale Naxos da ascoltare in streaming (qui altre informazioni su questa grande raccolta), sia attraverso l’accesso a Spotify che diversi portali MLOL stanno integrando nella loro offerta.
Usate come chiave di ricerca “Amadeus Quartet” e andate alla ricerca del quartetto!