Quarto appuntamento con le novità della musica italiana, a distanza di quasi un anno dal capitolo precedente e questa volta con sei album che ci sono piaciuti parecchio e vogliamo consigliarvi. Ricordiamo che, come sempre, tutto quello che vi raccontiamo lo potete scaricare gratuitamente da MLOL, grazie al servizio Freegal. Buona lettura, dunque, e buon ascolto!
Calcutta – Mainstream
Un nome ormai sulla bocca di tutti, quello del ventiseienne romano Calcutta, sin da quando il suo Mainstream è stato pubblicato sul finire dello scorso anno. Un concentrato di canzoni pop micidiali, con testi e suoni stralunati e radiofoniche il giusto – tanto da ricordare alcune cose del giovane Luca Carboni, un riferimento che nell’ambiente alternativo italiano sembra ricorrere spesso di recente, come testimoniato anche dalla cover di Colori realizzata da Alì. Da Gaetano e Cosa Mi Manchi a Fare, Dal Verde e Le Barche, il livello è sempre alto, con il picco indimenticabile di Frosinone proprio a metà scaletta.
Labradors – The Great Maybe
The Great Maybe dei Labradors – secondo album a distanza di quasi tre anni dall’ottimo predecessore Going Back – farà la felicità di chiunque porti nel cuore le chitarre e le melodie solari degli anni ’90, sia britannici che americani. In queste undici tracce si ascoltano forti influenze di Teenage Fanclub (periodo Grand Prix, in particolare) e Foo Fighters (quelli più lievi di There Is Nothing Left To Lose), che sublimano in piccoli inni da cantare a squarciagola come Jasmine o la title-track e in ballate elettroacustiche ben rappresentate dalla splendida quanto inattesa apertura di I Won’t Let Anyone Hurt You. Bravi, davvero.
Marlene Kuntz – Lunga Attesa
Per quanto le ultime uscite dei Marlene Kuntz abbiano parzialmente deluso le aspettative dei fan per un presunto ammorbidimento dei suoni, il loro percorso resta tra i più belli e coerenti della musica rock italiana degli ultimi vent’anni. Con Lunga Attesa, la band è tornata alla ruvidezza chitarristica dei primi album – diremmo soprattutto Il Vile e Che Cosa Vedi – in splendido equilibrio fra furore e lirismo: i testi sempre letterari di Godano si accompagnano a bordate rabbiose (La Noia, Fecondità), mid-tempo che sanno di traversata infernale (Niente di Nuovo, Lunga Attesa, Sulla Strada dei Ricordi, La Città Dormitorio) e sensuali ballate.
Minnie’s – Lettere Scambiate
Sono solo quattro i pezzi di Lettere Scambiate, nuovo EP della storica band milanese Minnie’s, ma in questi venticinque minuti di indie e romanticismo punk-rock si ritrova tutto il senso del fare musica del quartetto. I titoli dei brani, messi uno dietro l’altro, suonano così: E ora? Voglio scordarmi di me per andare via lontano. E sarà pur vero, come dicono loro, che “non è mai stata arte, l’arte che è venuta fuori”, ma di sicuro anche a questo giro ne sono uscite belle canzoni che tratteggiano piccoli mondi a fumetti.
Nada – L’Amore Devi Seguirlo
Che bello, l’ultimo album di Nada. E che bella Nada, che artista unica. L’Amore Devi Seguirlo arriva a meno di due anni dal riuscitissimo Occupo Poco Spazio e ne rappresenta in un certo senso l’opposto: laddove lì si lavorava di cesello, qui si torna a colpire al cuore con canzoni ruvide, ariose e melodiche, che parlano d’amore e vita senza pensarci troppo su, come fossero sgorgate da sé una volta acceso il microfono. Prendetevi una pausa e godetevi questi trentasette minuti, perché non ce n’è uno che sia superfluo: da Aprite la Città fino alla conclusiva All’Aria Aperta, qui dentro si respira un senso di selvaggia libertà.
Vale & The Varlet – Believer
A Valentina Paggio (la voce principale) e Valeria Sturba – che abbiamo già ammirato almeno nel duo-dallo-spazio-profondo Ooopopoiooo e nella Grande Orchestra Abarasse di John De Leo – serve ben poco per ammaliare e poi travolgere: voce, piano, violino, theremin e giocattoli vari sono messi al servizio di un’insopprimibile vena pop sperimentale, condensata in canzoni che difficilmente superano i tre minuti. Le nostre preferite sono forse Sunday Morning, Believer e Minnie, ma tutto l’album brilla di un’inventiva bruciante, sia che i ritmi incalzino, sia che invece si facciano più quieti. Un disco bellissimo e colorato, a cui il Tom Barman giovane avrebbe probabilmente rubato più di un’idea.